L’opera di ringiovanimento della chiesa continua il suo percorso e la riforma della struttura economico-finanziaria della Santa sede ormai è quasi una realtà. Anche quella della curia compie passi importanti, pur tra antiche burocrazie ed equilibri di poteri che ancora si fanno sentire.
Qualcuno forse sperava diversamente. In primis gli oppositori del papa, forti delle parole di Francesco in persona che, in un dialogo con i giornalisti sul volo di ritorno dal viaggio in Terrasanta nella primavera 2014, disse a proposito di dimissioni: “Io farò quello che il Signore vorrà cercando di fare la sua volontà. Benedetto XVI non aveva più le forze, e onestamente, da uomo di fede e umile qual è, ha preso questa decisione. Settant’anni fa i ve-scovi emeriti non esistevano. Cosa succederà con i papi emeriti? Dobbiamo guardare a Benedetto XVI come a un’istituzione, ha aperto una porta, quella dei papi emeriti. La porta è aperta. Ce ne saranno altri o no? Dio solo lo sa. Io credo che un vescovo di Roma se sente che le forze vanno giù deve farsi le stesse domande che si è fatto Benedetto”.
La domanda sul papa argentino “possibile dimissionario” a causa dell’età avanzata o della stanchezza fisica gira nei corridoi vaticani (e anche fuori oltretevere) da un bel po’ di tempo. Ce la farà papa Francesco? Reggerà di fronte a una parte di chiesa, per fortuna assai minoritaria, che ormai non nasconde più una sua insofferenza di fronte a questo pontificato che sta rivoluzionando la chiesa stessa? Cosa farà, infine, Francesco?
Dubbi legittimi, perfino audaci in taluni ambienti ecclesiali e curiali, che si tramutano in speranze evidenti nei circoli ecclesiali più tradizionalisti.
A queste domande ha risposto, con il suo stile sobrio e inatteso, lo stesso Francesco che domenica 29 maggio, in occasione dell’incontro con ragazzi di Schola occurrentes, ha preso al volo la situazione per chiarire il suo pensiero. In risposta alla domanda se da quando è papa avesse mai pensato di lasciare a motivo dell’enorme responsabilità, ha “in confidenza” chiarito: “Non ho mai pensato di lasciare a causa della responsabilità. Però vi faccio una confidenza. Non pensavo neppure che mi avrebbero scelto. È stata una sorpresa ma da quel momento Dio mi ha dato una pace che dura fino a oggi. Questa è la grazia che ricevo. D’altra parte, per natura sono un po’ incosciente e quindi continuo”.
Stop quindi alle speculazioni. E capitolo chiuso, almeno per gli oppositori. Fermo restando le sue idee a proposito di “papi emeriti”. Al termine del viaggio in Corea, aveva infatti argomentato: “Torno a questa idea, che forse non piace a qualche teologo – io non sono teologo: penso che il papa emerito non sia un’eccezione, ma dopo tanti secoli, questo è il primo emerito… Oggi i vescovi emeriti sono una istituzione. Io penso che papa emerito sia già un’istituzione. Perché? Perché la nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca, la salute forse è buona ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della chiesa… Ripeto: forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così. I secoli diranno se è così o no, vedremo. Lei potrà dirmi: E se lei non se la sentirà, un giorno, di andare avanti? Farei lo stesso, farei lo stesso! Pregherò molto, ma farei lo stesso. Ha aperto una porta che è istituzionale, non eccezionale”.
Se uno stop quindi è stato dato a illazioni e ipotesi fantasiose riguardo al futuro del papa, c’è da dire che invece un via libera è stato dato a tutti i problemi che il pontificato gli pone davanti.
La riforma della curia è quella che risente di più di antiche burocrazie non facile a morire e di equilibri di poteri che ancora si fanno sentire all’interno delle mura vaticane. Ma va avanti. Con lentezza sudamericana, ma va avanti.
La riforma della struttura economico-finanziaria della santa sede ormai è quasi una realtà. I conti bancari sospetti dello Ior sono stati dimezzati e ora sia l’istituto che tutta la macchina finanziaria della santa sede è sul binario giusto della trasparenza e dell’eticità. Senza pensare che Francesco, attraverso il suo tesoriere, continua quotidianamente a tessere opere di misericordia e solidarietà con quel popolo meno abbiente che vive sotto la cupola di San Pietro e non ha un tetto dove dormire.
È proprio così. Mentre la macchina delle riforme viaggia, magari con qualche intoppo ogni tanto, la misericordia e la tenerezza di papa Francesco incontrano il mondo che non ce la fa ad andare avanti, i disperati in fuga da guerre e disperazione.
Il suo abbraccio è contagioso. È reale, e il popolo di Dio se ne accorge.
Intanto continua l’opera di ringiovanimento della chiesa italiana. Nell’ultimo anno circa una quarantina di vescovi nuovi sono stati nominati da Francesco, al posto dei settantacinquenni che per decreto devono rassegnare le dimissioni. E basta andare a vedere i curricula dei prescelti per rendersi conto di quello che sta succedendo. I giovani vescovi appena eletti sono appassionati del vangelo di strada, amano e si battono per i più poveri, ma si sono anche formati, caratterialmente e culturalmente, con rigore e passione.
Insomma, un bel vento per la chiesa italiana. Che, tra l’altro, il prossimo anno vedrà l’avvicendamento della carica di presidente della Cei (il cardinale Bagnasco, infatti, scade per statuto l’anno prossimo).
Insomma, una chiesa in movimento, quella di Francesco. Sulla barca dei disperati della storia. E in compagnia di buon vento che issa le vele. Quel vento che i cristiani chiamano Spirito Santo.