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ALL’ALBA, UN LUMINOSO TRAMONTO

Il 27 febbraio è una data cara a tutti i devoti di san Gabriele. È il giorno infatti della sua festa liturgica celebrata non solo nel santuario a lui dedicato e ricorre anche l’anniversario della sua morte. Nonostante il rigore invernale il 27 febbraio molti arrivano di prima mattina, anche da lontano, al suo santuario e nell’ora stessa in cui Gabriele lasciava questo mondo si raccolgono in devota preghiera attorno alla sua urna per ricordare il suo transito. Alla morte del santo, riferisce il suo direttore padre Norberto Cassinelli, testimone oculare dei fatti, l’atteggiamento, le parole, i gesti di Gabriele erano così edificanti “da far commuovere i sassi”. E anche i devoti, ascoltandone il racconto, sono vinti da lacrime e commozione.  

Il 27 febbraio 1862 dunque, alla vigilia del ventiquattresimo anno di età, Gabriele approda alla vita eterna, inattaccabile ormai dal tarlo roditore del tempo. Quel giorno, era un giovedì, al sorgere del sole una vita, quella vera, sbocciava là dove altri avrebbero scritto la parola “fine”; un apparente tramonto dava l’avvio a una storia meravigliosa ricca di stupendi sviluppi.

Ma cosa pensarono quel 27 febbraio i confratelli del santo? Lo scrisse subito il superiore padre Valentino Lucarelli raccogliendo i sentimenti di tutti. È una testimonianza soffusa di umana tristezza per la perdita del giovane a tutti carissimo, ma anche piena di ammirazione per la sua vita esemplare. La riportiamo tralasciando solo poche righe e aggiornando qualche parola.

“Questa mattina alle ore sei e mezza, è passato agli eterni riposi il confratel Gabriele dell’Addolorata… La vita del giovane fu un non mai interrotto avanzamento nella perfezione. Dal giorno in cui si consacrò a Dio nella vita religiosa, si applicò talmente all’esercizio delle virtù, che non rallentò mai né per impedimento che dovesse incontrare, né per violenza che si dovesse fare; impegnatissimo nell’adempimento dei propri doveri, caritatevole verso tutti, umile, paziente; in una parola la di lui vita potrebbe dirsi un tessuto di tutte le virtù…

Il raccoglimento l’aveva portato a tal punto da non soffrire distrazione nella preghiera. Famelico del cibo eucaristico, smaniava continuamente accoglierlo nel suo cuore: ma la virtù caratteristica del defunto era una devozione fervida ed efficace verso Maria santissima, e specialmente verso i suoi dolori. I di lui discorsi si aggiravano sempre su Maria santissima, e tanto era l’unzione con la quale ne parlava, che infervorava quanti lo sentivano; e questa buona Madre lo ripagava largamente dell’affetto che le portava specialmente al termine della vita, quando assalito a diverse riprese dall’Inferno, coll’invocare il nome di Maria ne riportò glorioso trionfo…

Domandò congrande insistenza un’immagine del Crocifisso, al quale egli stesso aveva unito una piccola effigie dell’Addolorata; se l’applicò al petto con grande ardore, strinse sopra l’immagine le sue mani, ripeté tre volte cogli occhi rivolti al cielo: Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l’anima mia, e pochi istanti dopo senza agonia spirò placidamente nel Si-gnore… Speriamo che sia a godere il premio delle sue virtù, nondimeno si fanno i suffragi prescritti dalle nostre Regole”.

Celebrano sì le esequie, ma più che pregare per Gabriele, pregano Gabriele che contemplano già nella gioia e nella pace del Paradiso. Tutti sono convinti di deporre nel sepolcro non un cadavere ma un germe di vita e di grazia pronto a germogliare e fiorire. I tempi sono noti soltanto al Signore. Ma non saranno troppo lunghi.            p.dieugenio@virgilio.it

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