Categorie: Gabriele tra noi, un santo per amico

CENTRALITÀ DELLA FAMIGLIA

Ha ucciso le sue tre figlie, di tredici, dieci e due anni e poi ha tentato di uccidersi. L’ennesimo dramma familiare, consumatosi a Chiuso di Lecco in un quartiere popolare, è racchiuso nella confessione della 37enne albanese che ha detto: “Sono stata io, non volevo che vivessero una vita di disperazione”. La donna era stata lasciata dal marito.

Ancora una tragedia familiare che colpisce il nostro paese e i nostri cuori. Ancora una storia che ci porta a riflettere sulla crisi culturale profonda che sta attraversando la famiglia. Una famiglia, quella di oggi, che ha subito molteplici trasformazioni passando dal modello patriarcale, in cui nella stessa casa vivevano insieme più generazioni (nonni, figli, nipoti, nuore) a quello nucleare, in cui ci sono solo i genitori e i figli, fino ad arrivare alla convivenza e alla creazione di nuove coppie che si sono separate e poi risposate e quindi hanno costituito un nuovo nucleo familiare del quale, spesso, fanno parte anche i figli del precedente matrimonio. Un modello alternativo di famiglia quest’ultimo che, eliminando il patto coniugale, cerca di edificare su legami fragili e revocabili un progetto di vita che rimane nella sua essenza di tipo individualistico. “È la fragilità dei legami – a voler usare le parole di papa Francesco – che diventa particolarmente grave, perché la famiglia è la cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri”.

È urgente pertanto ridare centralità alla famiglia nella politica e nell’economia, nel diritto e nella cultura, e anche nelle nostre chiese. La società globalizzata potrà trovare un futuro di civiltà se, e nella misura in cui, sarà capace di promuovere una cultura della famiglia. La famiglia resta la risorsa più importante delle società. Nessun’altra forma di vita, infatti, può realizzare quei beni relazionali che la famiglia crea. Nella famiglia “ogni membro è uno scopo per tutti, non solo nelle intenzioni e nelle aspirazioni, ma realmente; ognuno è riconosciuto come qualcuno che ha un’importanza assoluta percettibile, ciascuno è insostituibile”. La famiglia è unica nella sua capacità generatrice di relazioni. In essa si apprende il noi dell’oggi e si pongono le basi per il futuro attraverso la generazione dei figli. Papa Francesco diceva qualche giorno fa che la famiglia “è il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. È fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole. Si potrebbe dire, senza esagerare, che la famiglia è il motore del mondo e della storia”.

E allora ridiamo alla famiglia quella centralità che aveva nel passato, così come ai tempi del giovane Francesco cresciuto in una famiglia, quella Possenti, feconda soprattutto per la sua presenza positiva in Assisi, dove papà Sante era governatore e mamma Agnese plasmatrice di forti personalità che, uscendo dalle pareti domestiche, portavano influsso nella società. In casa e fuori si producevano testimonianza cristiana, servizi sociali, attenzione ai poveri e impegno culturale. Le prove della vita e le difficoltà dei tempi si accettavano con forza d’animo, si cercava di aiutare chi aveva bisogno, si praticava l’onestà e la giustizia. Di figli se ne accoglievano volentieri quanti ne arrivavano (in 19 anni di matrimonio ben 13 maternità), poiché averne tanti non era ancora uno scandalo e non dava luogo a commenti allusivi, a imprudenza o esagerazione. Il clima di casa era quello delle famiglie borghesi italiane di metà ottocento: socievolezza ed emulazione tra i figli e stretta disciplina educativa. Ma il tutto si raccordava a una madre capace di creare armonia in una banda che aveva anche note stridenti e ad un padre austero e dolce, che almeno al mattino e alla sera trovava modo di dare la sua impronta educativa.