Nella numerosa famiglia Possenti regnavano felicità e attaccamento alla vita, anche se gravi lutti causarono dolore e smarrimento…
Checchino, vezzeggiativo di Francesco, rimase ad Assisi con la famiglia dal 1° marzo 1838, giorno di nascita, fino ad aprile 1841. Poi, ci fu il trasferimento a Poggio Mirteto (RI), dove però non rimase a lungo. Verso la fine di novembre dello stesso anno, l’avvocato Sante ricevette l’incarico di Assessore di Spoleto. All’epoca quella città era considerata la Caput Umbriae.
La famiglia Possenti si stabilì nel palazzo Benedetti, in via Filippo Brignone. Un’abitazione con tre piani e pianoterra. Disponeva di ampi spazi, con camere e sale. Era la dimora adeguata per la famiglia ricca di figli e di vita. Sulla facciata del palazzo, nella prima metà del novecento, venne fissata una targa marmorea a ricordo della presenza del santo in quella casa. La scritta recita: “Qui visse dall’infanzia al 1856 Francesco Possenti, ora S. Gabriele dell’Addolorata”.
A gestire il tutto c’erano due genitori esemplari per formazione religiosa e civile. Di figli, i coniugi Possenti ne avevano tanti, quanti gliene mandava Dio. Per la grande fede che avevano, non ricorrevano di certo a metodi anticoncezionali e tanto meno all’aborto. Riponevano fiducia nella Provvidenza. Siamo nel mese di novembre 1841. La famiglia era composta da dieci membri, più la governante e un domestico.
Per ragioni di spazio e soprattutto per l’obiettivo che mi sono proposto, espongo in ordine anagrafico i nomi dei figli. Solo di alcuni aggiungerò qualche nota.
Ecco il meraviglioso elenco dei componenti della famiglia. Oltre ai genitori ovviamente, ci sono questi figli: Lorenzo (1826-1853) di 15 anni, Paolo (1827-1848) di 14 anni, Maria Luisa (1829-1855) di 12 anni (quest’ultima, dopo la morte della mamma, si prese cura del piccolo Checchino, facendogli quasi da mamma), Teresa (1830-1899) di 11 anni, Luigi (1831-1907) di 10 anni, che diverrà religioso domenicano, Adele (1833-1842) di 8 anni, Michele (1834-1931) di 7 anni (è stato il più longevo della famiglia Possenti. Il 13 maggio 1920 assistette alla canonizzazione del fratello), Enrico (1835-1897) di 6 anni, diverrà sacerdote diocesano), Francesco (futuro san Gabriele) 1838-1862 di poco più di 3 anni, Vincenzo (1839-1882) di 11 anni. Mentre i figli scomparsi prima del trasferimento a Spoleto sono: Paolo (1824-1827) Luigi (1825-1828) e Rosa (1840-1841)
La nuova casa brulica di esuberante vita. Il più grande ha 15 anni. È immaginabile il festoso chiasso che riempiva l’abitazione. Tutto procedeva sotto il controllo amorevole e materno di Agnese. L’educazione veniva impartita in perfetta sintonia dalla mamma e dal papà. Sante, sebbene fosse impegnato nello svolgimento della sua professione, appena gli riusciva, correva in casa per dare il suo contributo alla moglie. Erano convinti che il loro esempio per i figli, era più efficace delle parole. Ed erano altrettanto convinti che senza la preghiera e l’aiuto di Dio non si poteva andare avanti.
“Agnese – scrive il biografo G. Cingolani – nell’appartamento aveva una stanza-deserto, dove conservava un gruppo della Pietà e dove trascorreva lunghe ore a pregare. Ha scritto di suo pugno un libretto di regole morali… su cui meditava ogni giorno”. Un’altra volta, lo stesso biografo, racconta, che Checchino cercando la mamma rimase particolarmente colpito nel sorprenderla a pregare da sola. Il bambino, di quattro anni, mostrava una vivacità fuori dell’ordinario. Monsignor Battistelli, che ha avuto la fortuna di apprendere notizie dal fratello Michele, ne tratteggia un ritratto plastico: “Checchino era vivace, espansivo, ardente ed affettuoso, volitivo e talvolta irrequieto. Era la vita e la gioia della casa”.
A Spoleto, i primi mesi trascorsero con serenità. I figli più piccoli si divertivano in tanti giochi tra di loro. Un giorno Checchino stava rincorrendo Enrico. Questi per non farsi raggiungere, gli sbatté la porta in faccia, causandogli un segno al naso che gli restò per tutta la vita. Nelle faccende di casa i Possenti avevano assunto una brava governante di nome Pacifica, la mano destra di Agnese. Mentre per i lavori più pesanti presero un domestico.
Ma, arrivano tempi difficili e sconvolgenti. Nel 1842 la famiglia Possenti fu colpita da gravi lutti. Adele, una figlioletta molto carina, di appena 10 anni, ebbe una improvvisa paralisi. Cessò di vivere il 26 gennaio. Tutti in famiglia rimasero sconvolti. Soprattutto la mamma. In realtà, Agnese, un po’ per il dolore della perdita della figlioletta, un po’ per un comprensibile logoramento fisico, dovuto alle tante maternità, cadde malata a letto e in appena sette giorni morì. Era il 9 febbraio 1842. Michele raccontò al vescovo Battistelli che la mamma qualche ora prima che spirasse, chiese e ottenne di abbracciare e baciare Checchino e gli altri fratellini. Tutta la famiglia, a cominciare dal papà Sante si sentì abbattuta e desolata. Solo la fede in Dio poté permettere che la vita riprendesse il suo cammino. Il corpo di Agnese fu sepolto accanto a quello della figlia Adele.
Il biografo Battistelli scrive: “Francesco bambino, non poté comprendere la gravissima perdita della madre; il babbo poi più volte l’avrà condotto a pregare sulla tomba delle due care defunte, ricordando a lui, orfanello, la grande bontà e le virtù della mamma”.