Il 4 luglio 1859 Gabriele lascia il convento di Pievetorina (Macerata) per trasferirsi in quello di Isola del Gran Sasso (Teramo) dove proseguirà il cammino verso il sacerdozio. Si allontanerà molto da Spoleto (Perugia) dove vive ancora il papà, sempre in ansia per il suo amatissimo figlio. Gabriele gli comunica il trasferimento il 5 luglio, durante la sosta nel convento di Recanati (Macerata). “Papà mio, gli dice, non ti dispiaccia se mi allontano da voi; vi assicuro che se sono lontano con il corpo non sono lontano con lo spirito e sono sicuro che Iddio e la sua santissima madre si prenderanno cura di voi e faranno più di quanto potrebbe fare un figlio per il padre”. Gabriele sente di amare quel luogo già prima di arrivarvi, e lo descrive al papà come “luogo amenissimo partecipante dell’aria montanina e marina e di un dolcissimo clima”.
Il viaggio supera di molto i 200 km e Gabriele lo compie insieme ad altri cinque giovani studenti e al direttore padre Norberto Cassinelli. Lungo il viaggio si fermerà per riposare nei conventi passionisti di Recanati, Torre San Patrizio, Giulianova. La strada scomoda e polverosa è resa ancora più pesante dal caldo afoso. Ognuno porta il suo piccolo bagaglio che profuma di povertà: contiene infatti i pochi effetti personali e qualche libro di preghiera. Ci si alza presto: l’alba viene svegliata dal cigolio delle carrozze e dal bisbiglio sommesso dei viandanti. Appena ci si mette in cammino, si prega; così vuole la prassi passionista, così ama fare Gabriele; il trasferimento ha il sapore di un pellegrinaggio verso il posto segnato da Dio fin dall’eternità.
Il giorno 8 luglio Gabriele arriva in Abruzzo, lascia così lo Stato Pontificio ed entra nel Regno di Napoli. Sosta nel convento di Giulianova dove rivede con gioia fratel Silvestro Polidori, già suo compagno di noviziato. Dopo un giorno di riposo riparte, lasciando il mare e dirigendosi verso Isola. La strada diventa ancora più difficile e l’ultimo tratto – una mulattiera sassosa e contorta, un noioso saliscendi – è percorso a piedi o a dorso di mulo.
Ma ormai ci siamo. Il Gran Sasso è lì e sembra quasi a portata di mano; i sette religiosi con sollievo e trasalimento, dalla collina di Ornano, intravedono laggiù la meta del loro viaggio: il conventino che dorme affogato nel verde tra querce e torrenti. Istintivamente affrettano il passo e quasi neppure si accorgono di Casa Terza, l’ultimo pugno di case che sfiorano veloci.
Il pomeriggio di domenica 10 luglio 1859 Gabriele varca la soglia del convento di Isola, accolto festosamente da tutti i confratelli. Ma, invisibile, gioisce anche Francesco d’Assisi che in questa casa da lui fondata tanti secoli prima, vede giungere il giovane Gabriele nato pure lui ad Assisi.
Fuori nessuno si accorge di niente, nessuno sospetta. Ma se Isola sapesse… Se l’Abruzzo conoscesse il dono ricevuto con l’arrivo di Gabriele, questa sera non avrebbero campane sufficienti per cantare la propria incontenibile gioia.
Gabriele scriverà ancora al papà: “L’aspetto di molti alberi fruttiferi mi conferma in ciò che scrissi essere questo un clima dolcissimo; l’aria è eccellente; gli abitatori sono oltremodo affezionati e io ci sto contento”. E la contentezza crescerà con il passare del tempo. Come pure l’affetto degli abitatori.