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La Cappella della riconciliazione

La notizia della imminente visita di Giovanni Paolo II che sarebbe venuto a rendere omaggio a san Gabriele e a benedirne la  cripta, portano ad una accelerazione nei lavori: il desiderio di tutti è di poter mostrare al papa il più possibile di quanto si andava realizzando.

Alla sua venuta, nel 1985, la Cappella della Riconciliazione è completa dei suoi trenta confessionali, manca però della parte iconografica la cui realizzazione era stata affidata al cappuccino padre Ugolino da Belluno (al secolo Silvio Alessandri, 1919-2002) che la realizzerà negli anni immediatamente successivi.

Il 1986 è interamente dedicato alla lavorazione della vetrata. Il tema è quello del Padre misericordioso. Con qualche comprensibile ritardo la vetrata viene ultimata e la collocazione avviene tra il 4 e il 5 dicembre grazie all’opera della ditta Passerini, in collaborazione con la ditta Valerii. Il risultato è una vera opera d’arte che avrà il merito di aiutare i penitenti che si preparano a ricevere il perdono sacramentale, a meditare sull’amore accogliente del padre misericordioso. Prima e dopo ci sono simboli che richiamano la pagina evangelica, ma l’elemento centrale è l’abbraccio del padre al figlio. Un abbraccio reso speciale per la presenza di una donna che alcuni scambiano per la madre del ragazzo o per la Chiesa (accogliente verso i figli penitenti), ma che l’autore intendeva come personificazione della divina misericordia.

L’opera di padre Ugolino nella cappella della riconciliazione non è ancora completa. Resta da realizzare il grande mosaico de Il Mistero Pasquale. La comunità già solo alla vista di disegni e cartonati ha l’immediata percezione di trovarsi di fronte a qualcosa di straordinario.

Il 4 marzo 1987 padre Ugolino e il nipote Silvio, insieme al mosaicista romano Umberto Marini, sono al santuario per realizzare l’opera. Padre Ugolino taglia i marmi, Marini li colloca con sapiente maestria. Il risultato è un cuore vibrante, immagine del cuore di Dio che non smette di pulsare, fa da cornice ad una doppia immagine del Figlio di Dio: da una parte il Cristo morto in croce la cui corona di spine è intrecciata da un roveto, dall’altra il risorto in cui anche il roveto torna a fiorire in splendide rose, immagine eloquente dell’esperienza della riconciliazione nella quale l’uomo vecchio, morto a causa del peccato, si rinnova per l’esperienza dell’incontro con la misericordia del Padre.

La parte restante della cappella è decorata con mosaici che rappresentano un tetragramma musicale,

che riproduce una melodia originale a cui sono associate alcune strofe scelte del salterio: “Attingete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” e “Se partecipiamo alle sue sofferenze parteciperemo alla sua gloria”.

Il tutto è compiuto il 25 marzo successivo. Segno della grande alacrità con cui il religioso si era dedicato a questa opera, anche a motivo del fatto che altre opere e altri mosaici avrebbe dovuto realizzare nel santuario di San Gabriele.

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