Portando al largo il loro discorso i padri conciliari passano a presentare la chiesa di Cristo come comunità missionaria. È bene dire subito che essa lo è per dono dall’alto e non per una iniziativa dal basso. Entra in gioco la fede prima di ogni altra attitudine personale o comunitaria. Infatti “Il Signore Gesù fin dall’inizio chiamò a sé quelli che volle… fondò la chiesa come sacramento di salvezza e inviò gli apostoli nel mondo”. Se Gesù, il missionario del Padre, non avesse mandato i suoi discepoli nel mondo, vano e inutile sarebbe ogni nostro sforzo.
1. Inviati non sistemati
Secondo l’insegnamento dei padri conciliari, dunque, nella chiesa nessuno deve considerarsi come un sistemato, ma tutti devono avere piena consapevolezza di essere inviati. Con questa espressione non intendiamo solo dare rilievo a ciò che dobbiamo fare o a come dobbiamo farlo, ma vogliamo caratterizzare l’essere della chiesa in quanto comunità di salvezza e l’essere di ogni battezzato. La missione perciò non tange solo l’agire della chiesa ma ancor prima il suo essere.
Il concilio ci offre l’opportunità di definire la missione della chiesa in un altro modo, quando afferma: “Pertanto la missione della chiesa si realizza attraverso un’azione tale per cui essa, obbedendo all’ordine di Cristo e mossa dalla grazia e dalla carità dello Spirito Santo, si fa pienamente e attualmente presente a tutti gli uomini e popoli”. In altri termini, svolgendo la sua azione missionaria, la chiesa non fa altro che obbedire al comando del suo fondatore: “Andate, predicate il vangelo, fate discepoli tutti i popoli, battezzate” (vedi Marco 16,35).
È quanto si ribadisce più avanti: “La chiesa, sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, deve procedere per la stessa strada seguita dal Cristo, la strada della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso”. Qui si insiste piuttosto sulle modalità, sullo stile che deve caratterizzare il discepolo di Gesù quando assume il compito della missione.
2. Una presenza propositiva
Non c’è alcun dubbio che il modo di fare missione è sensibilmente cambiato dai tempi che hanno preceduto il concilio a quelli che sono seguiti. Prima si andava in paesi lontani e quasi si esportava l’esperienza di vita cristiana vissuta nel proprio paese. Ora, invece, facendo tesoro dell’insegnamento conciliare, si va, si cerca di conoscere i costumi e la religione dei popoli da evangelizzare per vedere quanto c’è di buono e quindi degno di essere assunto nella religione cristiana, operando semmai qualche purificazione.
Da questo nuovo modo di pensare la missione ovviamente nasce anche un metodo missionario che il Vaticano II afferma e ribadisce spesso ed è riassumibile in questa terna: discernere, purificare, assumere. Un metodo che non può più essere disatteso se non ci si vuole condannare ad una azione del tutto anacronistica e controproducente.
Ma è bene richiamare che questo stesso metodo, parecchi secoli fa era stato escogitato e praticato da alcuni pionieri della missione, quali furono i padri gesuiti Matteo Ricci e Roberto Nobili. Ma la loro felice intuizione purtroppo, per un intervento drastico dell’autorità ecclesiastica centrale, è stata quasi subito spenta e la missione ha segnato il passo.
3. Compito uno e identico in ogni luogo
Questo compito che l’ordine episcopale, presieduto dal successore di Pietro, deve realizzare con la preghiera e la collaborazione di tutta la chiesa, è uno e identico in ogni luogo e in ogni situazione. È utile rilevare che i padri conciliari, proprio mentre trattano della missionarietà della chiesa, ne richiamano la nota teologica fondamentale, quella dell’unità.
Più avanti si legge: “Nella sua azione, tendente alla realizzazione del piano divino, la chiesa conosce inizi e gradi… solo gradualmente essa li raggiunge e li penetra, e li assume nella pienezza cattolica”. Ecco dunque richiamata, dopo la nota dell’unità, anche quella della cattolicità; non certo per opporle ma per comporle nella loro superiore armonia. La chiesa di Cristo sarà una quando sarà santa; e sarà cattolica quando vivrà pienamente la nota dell’apostolicità.
Ma l’elemento assolutamente necessario per piantare una chiesa è la parola, che deve essere seminata a larghe mani: “Così dal seme della parola di Dio crescano chiese autoctone particolari, le quali portino il loro contributo a vantaggio di tutta la chiesa”.
La missio ad gentes
Dopo il concilio Vaticano II qualcuno ha osato affermare che ormai non c’ è più bisogno di partire come missionari verso terre lontane perché tutto il mondo è diventato ormai terra di missione. La cosa ci lascia perplessi. Infatti, se è vero che anche l’Europa è diventata terra di missione, non meno vero – e sta sotto gli occhi di tutti – che lo Spirito Santo non cessa di suscitare missionari, uomini e donne.
Parole di papa Francesco
C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di convertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole.