Categorie: Gabriele tra noi, un santo per amico

LA FATICA DI CRESCERE

Mentre l’inchiesta sulle baby squillo partita da un quartiere benestante di Roma, che ha visto coinvolte Francesca e Federica (i nomi sono casuali), due ragazzine di 14 e 15 anni, si allarga a macchia d’olio coinvolgendo altre città italiane, sarà forse il caso di rivedere i parametri dell’educazione familiare, scolastica e mediatica delle nuove generazioni disposte a fare del corpo un mezzo per procacciarsi denaro o oggetti di consumo? Per quale ragione tante ragazzine scelgono liberamente di svendere il proprio corpo con assoluta disinvoltura? Sorge spontanea una riflessione sui valori indotti dal consumismo, che in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando, spinge le persone all’affannosa ricerca di un benessere ormai perduto. Eppure la cronaca riporta anche casi di minorenni benestanti, come quelle dei Parioli. In questo caso la spinta alla prostituzione è forse di altro tipo, magari una trasgressione a tutti i costi. Sta di fatto che il fenomeno è trasversale e coinvolge diverse città italiane. Ma per arginarlo forse non sono sufficienti le istituzioni, che hanno comunque l’obbligo di vigilarlo e contrastarlo; è necessario intraprendere una nuova strada nell’educazione familiare. Non c’è dubbio che “lasciare” l’infanzia sia sempre stato difficile. L’adolescenza è regolarmente marcata dalle contraddizioni della fase di passaggio. Lo è oggi, come lo era nel 1800 ai tempi di san Gabriele, quando ai divertimenti spensierati del fanciullo Francesco Possenti succedevano quelli più elaborati dell’adolescente. La caccia, unico sport allora possibile, lo tentava e lo attirava perché gli dava senso di avventura e scaltrezza. Le scampagnate diurne per la caccia con i fratelli e gli amici diventavano a sera uscite per ricevimenti o incontri nelle case. E in uno di questi Checchino (come veniva chiamato allora il giovane Francesco Possenti) e suo fratello Michele fecero tardi poiché l’amico che erano andati a trovare aveva offerto loro del buon vino che a Francesco aveva fatto male. Un semplice mal di stomaco o una sbronza? Lo sgarro fu considerato grande da suo padre Sante e chi ci buscò fu Michele, considerato più anziano e responsabile. Ma Checchino continuava a essere particolarmente sfrenato nel dedicarsi ai divertimenti e nel ricercare le compagnie spensierate al punto che suo padre voleva chiuderlo in un collegio. Quella fatica di crescere di ieri di Checchino, è la stessa fatica che affrontano i ragazzi oggi, a cui spesso mancano i punti di riferimento educativi. L’adolescenza è una vita che viene condivisa e chi la sta affrontando, al di là di una morale rigida, deve essere capito e aiutato nella “fatica di crescere”. La crescita è un momento di ricerca. Del proprio luogo, del proprio spazio, della propria identità. Educare non è un mestiere che si impara da un manuale, ma è la conseguenza della coerenza di vita. Francesca e Federica, per gridare quanto il mondo adulto è malato hanno usato il loro corpo. Complice inizialmente il senso poco realistico delle cose, che la rete può trasmettere a chi non è abbastanza responsabile, non hanno dato alcun peso al loro comportamento. Tanto lo fanno anche i grandi! Perché Francesca e Federica non hanno “giocato” di fantasia, non hanno fatto tutto da sole. No, occorreva la “supervisione” degli adulti, uomini, padri di famiglia, ma anche donne, una delle loro madri in primis. E sono affondate nello squallido abisso della miseria umana.