Sono tanti i modi con cui celebriamo la fine dell’anno e l’inizio del nuovo. Ma è davvero grande la preoccupazione di come si vive il tempo, dimenticando spesso che è il dono più grande che Dio ci ha fatto. Lasciamo alle spalle un anno dove, credo per tutti, si sono come incrociate gioie e speranze, tristezze e angosce, ma anche un anno di tragedie nella nostra Italia e in ogni parte del mondo, in cui si continua a usare il tempo, dono di Dio, sconsideratamente, in violenze, soprusi, guerre devastanti…
La chiesa giustamente celebra la fine dell’anno con un grande Te Deum, per dire grazie a Dio che ci ha donato tanto tempo. Il tempo che viviamo, in quanto dono – ricordiamocelo sempre – ci è dato per una sola ragione: quella per cui Dio ci invita a crescere in bontà e amore, come un cammino verso il momento in cui finirà questo tempo e sarà l’eternità. La vita non è uno scherzo e neppure un gioco. È un bene che esige seria responsabilità. In questa prospettiva, dando uno sguardo all’anno che ormai irrimediabilmente sta alle nostre spalle, tutti sentiamo dunque l’urgenza personale di dire grazie a chi ce ne ha fatto dono, ma anche il dovere di chiederci come lo abbiamo vissuto. Forse un pericoloso zig-zag tra bene e sbagli, impegno e superficialità.
È difficile capire il senso di tutto il baccano con cui si celebra la notte di Capodanno. Di che cosa dobbiamo rallegrarci, pensando a quanto è successo tra gli uomini, in ogni parte del mondo? Dovrebbe esserci una pausa di silenzio e riflessione, dovrebbe essere l’occasione di usare saggezza, per poter poi “raddrizzare ciò che è storto”, se solo consideriamo la serietà della vita. Intanto ci apprestiamo a continuare il cammino, non all’insegna del “vuoto”, costellato dal nostro egoismo e dalla pericolosa spensieratezza, ma con la saggezza di chi sa che se c’è un bene, agli occhi di Dio che ce ne ha fatto dono, va interpretato e perseguito seguendo la sua volontà. Fa paura come, invece di costruire ponti di pace, l’uomo costruisca ordigni di morte, capaci di annientare l’intero mondo.
Occorre ritrovare la pace che viene da Dio, ed è quello per cui dobbiamo pregare e impegnarci. A cominciare da ciascuno di noi, singolarmente, carissimi che mi leggete, là dove operiamo, con le persone che il Signore ci ha posto accanto, nelle situazioni che ci troviamo a dover affrontare. È dalla buona volontà di tutti, da un impegno a vivere la novità evangelica di ciascuno, che nasce la gioia di vivere.
Il messaggio per la Giornata mondiale della pace di papa Francesco di quest’anno propone di fare un ulteriore passo nel cammino: La non violenza, stile di una politica per la pace. In una situazione mondiale dove si moltiplicano focolai di violenza e dove – come ha spesso detto papa Francesco – è in atto una terza guerra mondiale a pezzi, è importante dare spazio alla non-violenza come metodo politico e come via realistica per superare i conflitti armati, negoziando strade di pace, anche là dove tali strade appaiono tortuose e persino impraticabili.
Ma attenti. Non pensiamo di essere esonerati da questo appello, ritenendo sia rivolto solo ai governanti o alle cancellerie di stato! Non dimentichiamo le parole pronunciate da papa Francesco il 20 settembre dell’anno appena trascorso, ad Assisi in occasione del trentesimo anniversario del primo incontro tra le religioni convocato da Giovanni Paolo II. “Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto. Beati gli operatori di pace (Mt 5,9). Uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace: non sono solo movimenti fisici, ma soprattutto dell’animo, sono risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli. Dio ce lo chiede”. Lo chiede a ciascuno di noi, che vogliamo essere suoi figli. La pace è un cantiere aperto a tutti. È responsabilità universale e personale per ogni credente. Vi giunga in questo impegno condiviso il mio augurio più sincero perché possiamo vivere un cammino di pace gioioso e intenso con le persone che il Signore ha affidato a ciascuno di noi. Anche grazie al nostro piccolo seme potrà crescere l’albero di un regno di giustizia e pace.