Il secondo comandamento del Decalogo oltre a prescrivere il rispetto dovuto al nome di Dio e vietare la bestemmia (CCC 21612163), indica una cultura di rispetto dei simboli religiosi.
Gesù nel suo discorso con il giovane ricco riguardo ai doveri per ottenere la vita eterna fa presente che un discepolo non può accontentarsi mai del minimo necessario: “tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?” (Mt 19,20). L’invito:“se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e vieni, seguimi “(Mt 19,21).
In concreto, il secondo comandamento esprime il diritto fondamentale dell’uomo al rispetto delle proprie credenze e dei simboli religiosi anche in culture fortemente secolarizzate. Il nome è sempre l’icona di colui che lo porta pertanto il rispetto del nome di Dio fonda il rispetto della dignità della persona umana che deve essere sempre trattata come fine e mai come mezzo (CCC 1887). Quest’ultimo principio etico personalista, andando ben oltre la fede cristiana, fonda una civiltà del mutuo rispetto. Inoltre, il segno della croce con il quale un cristiano comincia le sue preghiere e a volte anche le giornate consacra il tempo, le sue attività, fortifica nelle tentazioni e nelle difficoltà (CCC 2157).