Caro padre, sono una donna sposata e il mio matrimonio è sterile. Non possiamo avere figli. Sono a conoscenza delle tecniche procreative, ma non ho ancora deciso di usarle, perché mi sembra, come credente, di volermi sostituire a Dio. Mi dia una parola di delucidazione e di consiglio! Un’abbonata
Il fenomeno della sterilità fa soffrire molte coppie, anche se la scienza mette in mano alla coppia non feconda molti mezzi tecnici che possono risolvere il problema della sterilità.
Il criterio per approvare o disapprovare i molti mezzi tecnici procreativi è duplice.
Da una parte si deve tenere fermo il principio che il matrimonio è l’unico ed esclusivo luogo della trasmissione della vita umana.
Sono, pertanto, da disapprovare le cosiddette tecniche eterologhe, in quanto sono mezzi ricercati fuori dal matrimonio, con il ricorso al donatore o alla donatrice, all’utero in affitto (madre sostitutiva) e altre varie possibilità.
Il secondo criterio è lo stretto legame che deve esserci tra procreazione e atto coniugale.
Sono quindi da ritenere illecite la Fivet e anche la Icsi, che sono tecniche che dissociano la procreazione dall’atto coniugale.
Tali tecniche vengono anche utilizzate per produrre embrioni in esubero destinati, poi, alla distruzione o usati come oggetti della ricerca scientifica (cellule staminali).
La Chiesa con le sue norme non intende colpevolizzare le coscienze, ma indicare le vie di una dignitosa trasmissione della vita.
La vita, comunque, va sempre accolta come dono e benedizione!