Categorie: Gabriele tra noi, un santo per amico

Piccoli gesti di solidarietà

C’è una catena solidale che attraversa l’Italia fatta da gente che indossa la ma-glia del volontariato, per sostenere i Comuni nei servizi che arretrano sotto il peso della spending review e dei bilanci bloccati dal patto di stabilità. Sono i cittadini operosi che, sparsi in tutta Italia, lavorano creando un antidoto a scandali, ruberie e corruzione che infestano i luoghi della politica, come quelli che a Pietrasanta, in provincia di Lucca, danno vita alla “Food forest”, un bosco creato dai volontari per la comunità, con piante da frutto. O come a Milano, dove un pensionato crea dal nulla una biblioteca di condominio: si chiama Rolando Montagna, in via Rembrandt ha raccolto 5 mila libri. Faceva il riparatore tv e in pensione si è dato un obiettivo: far conoscere la gente che vive nello stesso luogo, ignorandosi. O ancora Genova, dove un gruppo di soci ha trasformato lo storico cantiere navale di Sturla in una casa dei giochi per i bambini malati dell’ospedale Gaslini: intorno sono nate strutture di sostegno per le famiglie dei piccoli ricoverati. Mentre a Napoli una ex mensa universitaria diventa ambulatorio gratuito grazie a tre medici volontari: la visita si paga con l’impegno sociale, promettendo un’azione a favore di altre persone svantaggiate.

E da nord a sud le idee non mancano. A Boffalora d’Adda, nel Lodigiano, i cittadini rispondono all’appello del sindaco per svolgere lavori di manutenzione pubblica e si dicono felici di fare qualcosa per il bene comune, come i genitori di Montereale Valcellina, provincia di Udine, che sopperiscono alla mancanza di autisti e accompagnatori dei figli sullo scholabus o come i comitati del verde che a Roma si incaricano di ripulire dai mozziconi e dal degrado le aiuole dei Parioli. Tanti piccoli gesti di civismo che messi assieme diventano enormi e sono una boccata d’ossigeno nell’aria avvelenata dalla crisi, rappresentando come dice Jacques Attali, l’ideologo dell’economia positiva, la risposta al disfattismo che ci perseguita.

Ed è l’altruismo che si moltiplica nei piccoli centri, nei paesi dove si contano le perdite, gli uffici postali che chiudono, i presidi di assistenza che latitano, le buche stradali che aumentano. Succede così che a Rosora, provincia di Ancona, si muovono gli imprenditori, come hanno fatto a Omegna quelli del gruppo Alessi, che hanno trasformato la cassa integrazione in servizi socialmente utili per il Comune, la ditta Loccioni ha occupato il vuoto della politica nella manutenzione del fiume Esino, adottandone due chilometri. Risultato: oggi il fiume è tornato accessibile, con piste ciclabili e punti di ristoro. Mentre a Serpentara, zona Montesacro a Roma, i cittadini decidono di ripulire da soli il parco delle Magnolie con zappe e rastrelli, coinvolgendo le scuole del quartiere e immaginando un orto didattico.

E di civismo ce n’è tanto, di laico e cattolico, quasi a contraddire il luogo comune che in Italia nulla funziona. Ma è la gratuità il valore più forte. È uno spirito civico spontaneo, che non si crea per decreto e rappresenta la spina dorsale di un’altra Italia, quella che si scontra con un paese burocratizzato e politicamente screditato, in affanno dalla scuola alla sanità. Uno spirito che spinge le persone responsabili a reagire, a dare una mano ai sindaci che rinunciano allo stipendio per non gravare sulle casse comunali, uno spirito che si intreccia con quello di lavoratori capaci di non arrendersi, come Enzo Muscio, della A Novo di Saronno: due anni fa era in cassa integrazione nell’azienda che si occupa di assistenza e riparazione di prodotti elettronici in garanzia. Ha ipotecato la casa, ha trovato un socio e ha riassunto una parte dei suoi compagni licenziati.

L’Italia non è cambiata, è la stessa dei tempi di carestia in cui il giovane Gabriele si prestava svelto e scattante a dar da mangiare a trecento poveri o quando durante gli anni del brigantaggio collaborava con don Domenico Ciaranca nel distribuire alla gente porzioni di patate e pancotto. La povertà della vita comunitaria non gli era sufficiente. “Che poveri siamo noi se non ci manca niente”, si rammaricava. Per se stesso sceglieva e racimolava le cose più povere, gli indumenti più logori, pezzetti di filo per rammendare, tozzi di pane. Lui quanto era povero per sé, altrettanto era impegnato che non mancasse nulla agli altri. Era tutt’occhi per sbirciare i bisogni di ognuno.      catiadiluigi@inwind.it