IN ITALIA – SECONDO I DATI ISTAT – VIVONO IN UNO STATO DI POVERTÀ 1 MILIONE 582 MILA FAMIGLIE, UN TOTALE DI QUASI 4,6 MILIONI DI INDIVIDUI. SI TRATTA DEL NUMERO PIÙ ALTO DAL 2005. LA PERSISTENTE CRISI DEL LAVORO PENALIZZA SOPRATTUTTO GIOVANI E GIOVANISSIMI IN CERCA DI UNA PRIMA/NUOVA OCCUPAZIONE E GLI ADULTI RIMASTI SENZA UN IMPIEGO
La Caritas, presentando il Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, ha presentato il 2015 come annus horribilis per i movimenti migratori perché accanto al numero spaventoso di persone che scappano dalla propria terra, c’è la miopia di molti paesi che non sono riusciti ad affrontare un’emergenza umanitaria di proporzioni enormi. Sono oltre 65 milioni le persone, nel mondo, costrette a lasciare le proprie case in cerca di protezione a causa di guerre, conflitti e persecuzioni. In Europa poi, gli sbarchi via mare sono stati quattro volte di più rispetto all’anno precedente, e con essi è cresciuto anche il numero di vittime delle traversate.
La politica, da parte sua, ha fatto registrare un immobilismo o azioni frammentarie lasciando lasciato spazio a muri, fili spinati che hanno spazzato via il sogno europeo di un continente aperto e libero. È questo il quadro drammatico nel quale si inserisce il report della Caritas che ha voluto raccontare il dramma della povertà in Italia tenendolo insieme con ciò che accade alle porte del nostro paese.
Per favorire una maggiore consapevolezza dei processi in atto, nel rapporto sono riportati numerosi zoom di taglio internazionale, prodotti anche da altri organismi e Caritas europee. L’immagine dei vasi comunicanti assume un carattere ambivalente: aiuta a leggere il reale o meglio i nessi, frequentemente trascurati, che esistono oggi tra povertà, emergenze internazionali, guerre ed emigrazioni; al tempo stesso vuole essere l’auspicio per un futuro in cui le gravi disuguaglianze socio-economiche, alla base dei movimenti migratori, possano annullarsi favorendo un maggiore e più equo livello di benessere per tutti.
In Italia – secondo i dati Istat – vivono in uno stato di povertà 1 milione 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi; e si tratta, parlando di povertà assoluta, della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita dignitosa. Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzo-giorno, dalle famiglie con due o più figli minori, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di un’occupazione o operaio e dalle nuove generazioni. Un elemento inedito messo in luce nel rapporto e che stravolge il vecchio modello di povertà italiano è che oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce all’aumentare di quest’ultima. La persistente crisi del lavoro ha infatti penalizzato (o meglio, sta ancora penalizzando) soprattutto giovani e giovanissimi in cerca “di una prima/nuova occupazione” e gli adulti rimasti senza un impiego. Accanto alle fonti della statistica pubblica il rapporto dedica ampio spazio ai dati raccolti presso i Centri di ascolto promossi dalle Caritas diocesane o collegati con esse (i dati sono stati raccolti presso 1.649 CdA, dislocati su 173 diocesi). Nel corso del 2015, le persone incontrate sono state 190.465. Come nel passato, il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%) anche se non in tutte le aree del paese; nel Mezzogiorno la percentuale di italiani è infatti pari al 66,6%.
Anche in Italia accanto al disagio di coloro che in modo transitorio, persistente (o nei casi più gravi, cronico) sperimentano delle difficoltà legate alla mancanza di reddito e/o di lavoro, coesistono le situazioni più estreme vissute da chi, costretto a fuggire dal proprio paese, vede sommarsi contemporaneamente tante vulnerabilità, prime fra tutte quelle legate ai traumi indelebili di un viaggio spesso fatto in condizioni disperate. I dati ufficiali documentano di 153.842 persone migranti sbarcate nelle coste italiane nel 2015. Le persone che hanno fatto domanda di asilo sono state 83.970; appena un decennio fa (nel 2005) i richiedenti asilo in Italia erano poco più di 10mila.
Nel corso del 2015 i profughi e i richiedenti asilo – in fuga da contesti di guerra – che si sono rivolti ai centri di ascolto Caritas sono stati 7.770. Si tratta per lo più di uomini (92,4%), con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da stati africani e dell’Asia centro-meridionale. Basso risulta essere il loro capitale sociale e culturale. Numerosi i casi di analfabetismo (26,0%) o di modesta scolarità (licenza elementare 16,5%, licenza di scuola media inferiore 22,8%). In termini di bisogno prevalgono le situazioni di povertà economica (61,2%), coincidenti soprattutto con la povertà estrema o con la mancanza totale di un reddito. Alto anche il disagio abitativo, sperimentato da oltre la metà dei profughi intercettati (55,8%). Tra loro è proprio la “mancanza di casa” la necessità più comune; seguono le situazioni di precarietà/inadeguatezza abitativa e di sovraffollamento. In terza posizione i problemi di istruzione, che si traducono per lo più in problemi linguistici e di analfabetismo.
I dati relativi agli interventi evidenziano un’azione dei centri di ascolto rivolta per lo più a rispondere alle situazioni di emergenza attraverso la distribuzione di beni di prima necessità (79,1%). Tra questi spiccano in modo particolare la fornitura di vestiario (42,3%), di pasti (34,1%) e di prodotti per l’igiene/docce/bagni (19,8%). Non trascurabili anche gli interventi di orientamento (19,2%) e quelli di tipo sanitario (13,4%).