Categorie: Gabriele tra noi, un santo per amico

UN’AZIENDA CHE PRODUCE FELICITÀ

Perseguire la felicità è difficile ma non impossibile. Parola di Eric Ezechieli e Paolo Di Cesare, fondatori di Nativa, prima benefit corporation (b-corp) italiana ad essere stata certificata. La benefit corporation, dal latino benefit “quello che fa bene”, non è altro che una società for-profit centrata sulla sostenibilità, dove conta il benessere. Scopo ultimo della società è, infatti, come si legge nello statuto “la felicità di tutti quanti ne facciano parte, sia come soci che in altri ruoli, attraverso un motivante e soddisfacente impegno in un’attività economica di successo. La società vuole accelerare una trasformazione positiva nei paradigmi economici, di produzione, consumo e culturali, in modo che tendano verso la sistematica rigenerazione dei sistemi naturali e sociali. Le sue attività mirano a creare un beneficio – inteso come impatto positivo – sulle persone con cui interagisce, sulla società e sull’ambiente di cui è parte”.

Un modello, quello della b-corp, nato negli Usa nel 2010 e sostanzialmente inesplorato in Europa come in Italia, prima della brillante idea dei due imprenditori del nostro paese provenienti dal mondo del non profit, che hanno sovvertito i normali canoni del fare impresa, spostando il focus verso il concetto di ottimizzazione da quello di massimizzazione ad ogni costo dei risultati economici.

Il denominatore comune delle benefit corporations è condurre un business prospero che genera un beneficio diffuso nel breve, medio e lungo termine per le persone, rigenera l’ambiente e contribuisce a risolvere le grandi sfide del nostro tempo. Oggi nel mondo esistono 1045 b-corp sparse in 34 paesi. Al centro delle loro azioni ci sono le persone (a partire dai lavoratori), la società, l’ambiente. Curano nel dettaglio i materiali usati per la produzione, il processo di distribuzione, l’imballaggio. E ovviamente inseguono la felicità. Anzi, la creano.

Ma gli ostacoli non mancano. Può anche capitare, come è accaduto a Nativa, che la felicità non venga riconosciuta come un obiettivo aziendale dal registro delle imprese. E così che il suo statuto venga respinto per ben quattro volte prima di essere approvato. Ma alle fine Eric e Paolo ce l’hanno fatta. Il quinto tentativo è andato a buon fine. Nativa c’è, esiste. Vende i suoi servizi, promuove il concetto di sostenibilità e aiuta le aziende che come loro desiderano perseguire il benessere. E così la loro attività ha aperto la strada ad altre società italiane. Sono infatti 45 quelle che stanno richiedendo la certificazione per fare impresa spinte da valori più profondi.

Un po’ come quei valori che san Gabriele insegue e che riesce a scoprire durante il suo noviziato a Morrovalle (Mc), dove finalmente si sente realizzato. Le amicizie, le belle figure, le scampagnate, la moda, i successi nello studio, le sgallettate tra gli amici sono cose belle e talvolta importanti, ma poggiano sull’effimero, e Checchino aveva bisogno di cose più profonde. Finché si è dedicato ai quei valori, non si è sentito mai del tutto soddisfatto. Il passaggio dai valori superficiali a quelli profondi avviene con la scelta della maturità. L’amore per una donna poteva essere un’ottima vocazione, tanto più che ci si stava avviando. Ma il Signore lo ha chiamato altrove.

Gabriele finisce il noviziato e diventa passionista con la professione religiosa (settembre del 1857), cioè si impegna pubblicamente davanti a Dio e alla chiesa a praticare povertà, castità, ubbidienza e a propagare la devozione al Crocifisso. Pochi giorni dopo si fa sentire al padre: “Con la grazia di Dio e con la protezione di Maria ad-dolorata, con mia indicibile gioia e consolazione, sono stati appagati i miei desideri e ho fatto la santa professione. È una grazia così grande che non si può esprimere”.

Tutto è così grande che non ci sono parole per raccontare la gioia, la consolazione, la grazia ricevuta. Povertà, castità, ubbidienza sono le nuove sfide dove riuscire primo. Le nuove platee su cui spiccare.