Altare feriale

Il genio creativo di padre Ugolino da Belluno, e le capacità dell’artista Silvio Alessandri e del mosaicista romano Umberto Marini oltre a un milione di tessere intagliate una a una (eccezione fatta per gli smalti). Ecco cosa è stato necessario per arrivare alla realizzazione di quello che oggi ammiriamo come l’altare feriale del nuovo santuario di San Gabriele.

Collocato in fondo all’ala nord della croce greca che costituisce l’aula della chiesa, è forse tra tutte le zone del nuovo santuario la parte più buia per la vicinanza (all’esterno) della torre campanaria. Inserita in uno scenario fatto di cemento bianco e ferro che all’inizio degli anni 90 si presentava ancora allo stato grezzo.

In realtà la vena artistica di padre Ugolino, coniugata con la sapienza dell’architetto Eugenio Abruzzini, che curava l’adeguamento liturgico del santuario, portò alla creazione di una parete a catino nella cui parte superiore si sarebbe collocata una vetrata tale da prendere quella luce che l’esterno poteva offrire.

La vetrata sopra la sede, infatti, disegna con mosaico la catena del Gran Sasso illuminata dal sole che fa capolino dietro le cime e illumina la vetrata con i suoi raggi. In fondo alla vetrata, dalla parte opposta, la luna e un globo, immagini dei “nuovi cieli e una nuova terra” (Is 65,17) che sono promessi a coloro che credono.

Sulla parete, invece, due opere dal chiaro sapore eucaristico fanno da cornice al vero altare dove si spezza il vero pane eucaristico. A sinistra una tovaglia con pani e pesci che attendono solo di essere benedetti e spezzati per sfamare i cinquemila uomini di cui parlano gli evangelisti (Mt 14,13-21; Mc 6,30-44). La vite scura con grappoli dorati che richiamano alla funzione simbolica e che si incrocia sul grande cuore di bronzo (1,25 x 1,30 m) che contiene l’eucaristia, non solo stilizza l’immagine dell’amore di Dio, o il segno dei passionisti, ma riconduce chiaramente all’affermazione di Gesù che disse: “Io sono la vera vite” (cf. Gv 15,1-15). E poiché Gesù aggiunge: “Voi siete i tralci” (cf. Gv 15,5). È questa la forma che padre Ugolino ha pensato di dare al candeliere che sta sull’altare.

Avanti al santissimo, a sostenere la lampada è invece una colonnina cilindrica rivestita da un tema musicale a spirale che richiama quattro lingue primitive: runica, etrusca, samaritana e ideogrammi mesopotamici.

Non meno interessante la scelta per l’ambone e l’altare. L’ambone è adorno di un mosaico che sulla croce riporta l’iscrizione Verbum Crucis Dei virtus est (La Parola della Croce è la potenza di Dio), mentre l’altare è arricchito di due paliotti che, dalla parte del celebrante, presenta le sette sporte piene avanzate dalla moltiplicazione dei pani. Sul fronte, invece, sono rappresentate le giare di pietra delle nozze di Cana che i servitori dovettero riempire d’acqua per poi attingere e portare al maestro di tavola e i calici traboccanti, (Gv 2,1-12) che si intravedono grazie a un gioco ottico sulle intersezioni delle anse.

Padre Ugolino spiegava che l’ispirazione per questo altare gli era venuta dal Prefazio di santa Maria di Cana. Infatti proprio questa prefazione, nell’embolismo (la sua parte centrale) recita: “Si arrossano le anfore, si allietano i commensali, e il convito nuziale diviene simbolo del banchetto che ogni giorno Cristo prepara per la Chiesa”.

Articolo pubblicato da
L’ECO di San Gabriele, Ottobre 2018, p. 74

 

14 Novembre 2024